Ci sono persone nate per compiere mestieri nobili e creativi, come gli artisti e gli scrittori. E’ il caso di Romano Augusto Fiocchi, che ho avuto la possibilità conoscere e apprezzare prima di tutto come persona e poi come autore di libri dal contenuto profondo. Amo leggere libri perchè credo siano un mezzo per poter viaggiare e conoscere pur stando sul divano della propria casa. Romano ha scelto di proporre il suo testo a una giovane casa editrice milanese di nome Bookabook, una start up editoriale che autofinanzia i suoi nuovi libri attraverso il crowdfunding. La campagna del suo libro è partita il 27 marzo e l’obiettivo è di raggiungere le 200 copie per arrivare alla pubblicazione con distribuzione nelle librerie attraverso Messaggerie Italiane. Si tratta di un libro speciale, il suo titolo è “Racconti da un mondo offeso”. Raccoglie cinque storie dove ha cercato di far parlare ciò che normalmente non ha parola: un piccolo libro di Thomas Mann, un gatto disegnato da un soldato americano, una vecchia barca di pescatori libici, un insetto filosofo, un bonsai che porta il nome dell’ultimo imperatore cinese. Ad accomunare le storie, oltre alla prospettiva animistica, sono i temi sociali: l’orrore delle guerre, gli sfruttamenti, le violenze, i soprusi dei potenti. Ma anche i sogni di quella parte buona del mondo che non finisce mai di sperare. Sono certa che questo autore raggiungerà il suo obiettivo perchè so il lavoro e la passione che c’è dietro il suo lavoro.
Qual è stata l’idea di partenza che ti ha portato a scrivere ‘Racconti da un mondo offeso’?
Non esiste una vera idea di partenza. Si tratta di storie nate in tempi diversi, senza una precisa unità di intenti se non certe tematiche sociali e di denuncia che da alcuni anni sento sempre più il dovere morale di diffondere. È stata dunque un’idea di arrivo, non di partenza. Racconti di questa lunghezza, piuttosto brevi, dovevano per forza essere accorpati per trovare una dimensione editoriale adeguata. Così anche il titolo, concepito appena prima che partisse la campagna di pre-ordini. Ci voleva qualcosa che sintetizzasse la sottile atmosfera di denuncia che pervade le storie. La fantasia mi girava sulla parola “mondo” finché da Vittorini mi è venuto il suggerimento: erano storie che raccontavano di un mondo offeso.
Quanto di te c’è in questo libro?
Sono nato come scrittore di racconti. Il mio primo libro è una raccolta di ventisette racconti pubblicata nel 1986 dall’editore Bignami, quello dei popolari bigini. Proprio con quel primo libro, dove le barche del Ticino parlavano con il Ponte Vecchio, la nebbia si personificava e parlava con un bambino, lì credo che cominciasse questo mio animismo istintivo. Voglio dire, in “Racconti da un mondo offeso” tornano a parlare gli oggetti, i libri che i nazisti gettano sul rogo, i gatti disegnati, i bonsai cinesi che finiscono in piazza Tienanmen, i vecchi gozzi dei pescatori libici che attraversano il Mediterraneo. È curioso come a distanza di anni abbia trovato una frase di Calvino – che ho poi utilizzato come epigrafe – che sintetizza questa mia ricerca animistica. Dice più o meno così: magari fosse possibile un’opera concepita al di fuori del sé, un’opera che ci permetta di uscire dalla prospettiva limitata del nostro io individuale, dove si possa far parlare ciò che non ha parola, l’uccello sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica.
Ti sei ispirato a qualcuno per la costruzione dei protagonisti?
Non credo, sono protagonisti non umani, cose, insetti. L’ispirazione è stata tutta concentrata su voci narranti che fossero “altre”, diverse da quelle degli uomini. Che guardassero appunto il loro mondo con occhi di oggetti e, proprio per questo, vedessero cose che gli uomini non vedono più.
C’è un libro in particolare che hai letto che ti ha fatto pensare ‘voglio diventare anche io uno scrittore’?
Dovrei andare indietro negli anni. Credo che il mio primo amore, resti l’ “Ortis”, letto per intero in prima superiore e riletto altre due volte a distanza di anni. Lì il mito foscoliano incominciò a farmi sognare di poter scrivere qualcosa di bello. Ma soprattutto mi iniettò l’amore per la lettura. Perché uno scrittore è prima di tutto un lettore.
Qual è l’autore che ti ha influenzato di più?
Per parecchio tempo sono stato solo un lettore di classici. Il fascino di Joyce e del suo “Ulisse” ha catalizzato il mio concetto di letteratura. Lo amo tuttora. Ma poi sono arrivati i libri di Garcia Márquez, i racconti di Borges, e poi quello che è per me uno dei più grandi scrittori francesi del Novecento: Georges Perec.
Questo non è il tuo primo libro, a cosa ti ispiri per il soggetto dei tuoi racconti?
Il racconto è un piccolo mondo dove tutto gira alla perfezione. Gira in senso letterario, intendo. Il soggetto nasce intorno a una sensazione, a un particolare, a un’idea bislacca. Un po’ come un pezzo di creta, che poi lavori con le dita e trasformi in qualcosa di ben definito e di compiuto. La letteratura è più solida di quanto possa sembrare.
Pensi che ci sia un tema comune, un qualcosa di ricorrente nei libri che scrivi?
Credo che sia la ricerca, da parte mia, di qualcosa di originale, di non banale. Ogni libro nasce con il tentativo di diventare una storia unica, che nessun altro potrebbe scrivere al di fuori di me. Lo so, è un concetto ambizioso. Infatti sono più le volte che non si riesce a realizzare. Ma ritengo che la cosa più ricorrente nei miei testi sia proprio questa ricerca.
Perchè hai deciso di proporre il tuo libro ad una start up editoriale che autofinanzia i suoi libri attraverso il crowdfunding?
Vuoi la verità? Gli editori a cui l’ho inviato in precedenza non mi hanno neppure risposto. Salvo una casa editrice inaugurata da poco che mi ha fatto cortesemente notare come non potesse farlo rientrare nella sua attuale collana. Eppure due racconti hanno vinto anche dei premi: “Opernplatz” il Premio Le Storie del Novecento 2013, “Il gatto del soldato” il Premio Inedito Città di Chieri e Colline di Torino 2009. Quindi mi sono detto: perché non tentare con Bookabook? Ero quasi certo che passasse le due selezioni per accedere alla campagna di crowdfunding. E così è stato.
Cosa hai imparato in questi anni?
Che non si finisce mai di imparare. Più leggo e più mi rendo conto quanto siano stati grandi certi autori.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Working in progress o compiuti? Nel secondo caso ci sarebbe un romanzo in cerca d’editore, già pronto da un po’ e già seminato qua e là. Mi piace definirlo un bi-romanzo perché in realtà si tratta di due storie intrecciate che finiscono per scambiarsi dei personaggi e confluire in un unico finale. Poi c’è un altro lavoro in corso, un testo prefigurato come racconto lungo che si è poi evoluto in romanzo. La storia di un violinista che suona un violino inesistente.
Rossella de Palo